Oppiacei, cosa sono e come funzionano

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L'oppio è la resina che si estrae dal papavero sonnifero (papaver somniferum) e contiene al suo interno delle sostanze psicoattive (più precisamente degli alcaloidi).
L'oppio è utilizzato sin dai tempi più antichi come narcotico, proprio per via degli alcaloidi in esso contenuti.
Questa usanza permane anche nella nostra era, anche se le nuove tecnologie ci hanno permesso di estrarre gli alcaloidi dell'oppio e di isolarli per poterli utilizzare in forma pura (per maggiori informazioni sulla storia dell'oppio clicca qui).

Gli alcaloidi dell'oppio vengono detti oppiacei, e tra questi i più importanti sono la morfina, la codeina e la tebaina. A questa categoria appartengono anche gli alcaloidi semi-sintetici derivati dagli oppiacei naturali dell'oppio, come ad esempio la famosa eroina. Esistono poi svariati oppiacei sintetici, e cioè creati in laboratorio, che prendono il nome di oppioidi.

Innanzitutto cerchiamo di capire come gli oppiacei agiscono sul cervello.
Prima di continuare nella lettura vi consiglio di visionare questa pagina per avere un'infarinatura generale sul meccanismo d'azione delle sostanze psicoattive.
Se avete letto la pagina riportata poco prima, saprete che una droga funziona perché mima il comportamento di determinati neurotrasmettitori endogeni e si lega ai corrispettivi recettori.

Nel cervello sono presenti dei recettori chiamati recettori oppioidi, che vengono attivati dai neurotrasmettitori endogeni dinorfine, encefaline, endorfine, endomorfine e noniceptina.

I recettori oppioidi hanno vari ruoli tra cui la gestione del dolore, della fatica e delle situazioni di stress e tensione.
I neurotrasmettitori come le endorfine vengono rilasciati in momenti di stress e di fatica, come ad esempio durante un esame o una corsa in bicicletta, e si legano ai recettori oppioidi, che generano una sensazione di soddisfazione e benessere per controbilanciare la stanchezza e la tensione nervosa.
E' per questo motivo che gli psicologi consigliano spesso l'attività fisica come antidepressivo naturale.

Le endorfine vengono rilasciate anche in momenti di dolore, per contrastare la sensazione spiacevole e donare un po' sollievo. E' per questo che alcune persone che soffrono di depressione provano benessere nel tagliarsi con una lametta: l'impulso nervoso del dolore causa anche un rilascio di endorfine, che si legano prontamente ai recettori oppioidi donando sollievo al soggetto.

Come avrete intuito il ruolo dei recettori oppioidi non è univoco, e questo è comprensibile anche dal fatto che i neurotrasmettitori che vi si legano sono più di uno e vengono rilasciati in situazioni differenti.
La varietà degli effetti derivanti dall'attivazione dei recettori oppioidi è dovuta al fatto che ne esistono di tipi e sottotipi differenti.

I recettori oppioidi si dividono in recettori delta (δ), recettori kappa (κ), recettori mu (μ) e recettori NOP, che a loro volta si dividono in sottotipi che vedremo più avanti.

I recettori delta generano anelgesia (assenza di dolore) ed effetti antidepressivi.
I recettori kappa generano anch'essi anelgesia, oltre a disforia (l'opposto di euforia), sedazione e miosi (restringimento delle pupille).
I recettori mu generano anelgesia, euforia, miosi, depressione respiratoria e stipsi.
I recettori NOP generano ansia, depressione e tolleranza.

Come potete vedere alcune classi di recettori oppioidi svolgono addirittura ruoli opposti, ed è per questo che situazioni e stimoli che generano euforia e anelgesia possono anche generare ansia e depressione, in base a quali recettori vengono attivati.

Oltre ai neurotrasmettitori endogeni, sappiamo che esistono delle sostanze esogene che sono in grado di legarsi ai recettori oppioidi. Tra questi recettori, quelli maggiormente implicati negli effetti piacevoli degli oppiacei sono i recettori mu.

I recettori mu oppioidi si dividono a loro volta in μ1, μ2, μ3.
I recettori μ1 sono responsabili dell'anelgesia e della dipendenza fisica, mentre i recettori μ2 sono responsabili dell'euforia ma anche della depressione respiratoria che può portare alla morte in caso di overdose. Dei recettori μ3 non si conosce ancora la funzione.
I recettori μ2 sono presenti anche nel tratto intestinale, ed è per questo che gli oppiacei causano stipsi.

Oltre a questi 4, in passato era stato teorizzato che vi fosse un quinto tipo di recettore oppioide, denominato sigma ( σ1) ma a seguito di alcuni esperimenti si è giunti alla conclusione che si tratta di un recettore che non ha niente a che fare con gli oppiacei.

Se avete letto la pagina sul meccanismo d'azione delle sostanze psicoattive, saprete che i neurotrasmettitori possono svolgere sia un'azione eccitatoria che un'azione inibitoria dei recettori. I primi sono detti agonisti, mentre i secondi sono detti antagonisti. Lo stesso discorso ovviamente si applica anche alle sostanze esogene che hanno la capacità di legarsi a determinati recettori.

Possiamo quindi dire che le sostanze che attivano un recettore sono agoniste di quel recettore, mentre le sostanze che lo disattivano sono dette antagoniste di quel recettore.

Detto questo, se andate a rivedere gli effetti generati dall'attivazione dei vari recettori oppioidi, capirete che una sostanza oppiacea dovrebbe essere possibilmente agonista dei recettori mu 2 (euforia) e antagonista dei recettori kappa (disforia e sedazione) e antagonista dei recettori NOP (ansia, depressione, tolleranza agli agonisti del recettore mu). Inoltre dovrebbe essere agonista dei recettori mu 1 e delta, poiché l'anelgesia gioca un ruolo fondamentale nella sensazione di benessere generata dagli oppiacei.
Purtroppo a causa della similarità tra i vari recettori è difficile creare degli oppioidi altamente selettivi.

Vediamo ora i vari oppiacei nello specifico.

La morfina è forse l'alcaloide dell'oppio più famoso ed utilizzato, e rappresenta il metro di paragone per tutti gli altri oppiacei.
E' stato dimostrato che la morfina mima il comportamento del neurotrasmettitore endogeno endorfina, il quale viene rilasciato in situazioni di eccitamento, durante l'orgasmo, durante l'attività fisica nonché come risposta al dolore, legandosi ai recettori oppioidi e generando anelgesia, sonnolenza e una sensazione di piacere e benessere.

La morfina si lega fortemente ai recettori mu, ma a differenza dell'endorfina, che viene rilasciata solo in piccole quantità e svanisce velocemente, la morfina rimane legata ai recettori per un tempo molto esteso, generando le stesse sensazioni dell'endorfina ma in modo più intenso e duraturo, oltre a generare depressione del sistema respiratorio con conseguente rischio di morte in caso di una dose troppo elevata.
Inoltre la morfina si lega ai recettori delta e kappa, responsabili in parte dell'anelgesia e della miosi.

La codeina non è una vera e propria droga, ma è più corretto chiamarla profarmaco. Un profarmaco è una sostanza che non è attiva di per sé, ma lo diviene grazie ad una trasformazione chimica che avviene all'interno dell'organismo, a seguito della quale il profarmaco si trasforma in una sostanza attiva.

La codeina viene metabolizzata da alcuni enzimi presenti nel fegato, cha la trasformano in morfina, rendendola attiva. Tuttavia questi enzimi sono presenti in quantità limitata, e superata una dose soglia di codeina, la quantità di morfina corrispondente non aumenta ma rimane costante.
Questo rende la codeina una sostanza abbastanza sicura al punto da permettere di utilizzarla come antitussivo in alcuni sciroppi, in combinazione con altri farmaci per impedirne l'abuso.

La tebaina non è un vero e proprio oppiaceo ma genera effetti eccitatori, e viene utilizzato massicciamente come precursore per la sintesi di altre sostanze.

Tra gli oppiacei semisintetici, e cioè quelli derivati dagli oppiacei naturali, la più conosciuta è senza ombra di dubbio l'eroina.
L'eroina, o meglio diacetilmorfina, è molto simile alla molecola di morfina, tranne la presenza di due gruppi acetilici, ottenuti tramite un processo detto acetilazione.

I gruppi acetilici rendono la molecola dell'eroina più liposolubile di quella della morfina, e di conseguenza l'eroina passa più velocemente e in quantità maggiore la barriera ematoencefalica.
Una volta penetrata nel cervello, l'eroina si trasforma in morfina, ma a causa di quanto appena detto, per ottenere lo stesso effetto della morfina, è necessaria una dose di eroina tre volte minore.

E' questo il motivo per cui una dose di morfina è di 30 mg mentre una dose di eroina è di 10 mg. Il rapido passaggio dell'eroina nel cervello spiega invece il flash provato immediatamente dopo l'iniezione della sostanza.

Oltre all'eroina, tra gli oppiacei semisintetici più conosciuti troviamo l'ossicodone, l'ossimorfone, l'idrocodone e l'idromorfone. I nomi commerciali più noti di queste sostanze sono rispettivamente OxyContin, Opana, Vicodin e Dilaudid. La buprenorfina è un altro oppiaceo semisintetico utilizzato in modo simile al metadone nella terapia da disintossicazione dagli oppiacei.

Tra gli oppiacei di sintesi, detti più correttamente oppioidi, il più noto è sicuramente il metadone. Un'altra famiglia di oppioidi molto utilizzata in campo medico nella terapia del dolore è quella del fentanyl.

Il fentanyl è 100 volte più potente della morfina, mentre altri derivati come il sufentanil sono 1000 volte più potenti della morfina. La domanda a questo punto sorge spontanea: più potenti significa più piacevoli? Non necessariamente, e vediamo subito perché.

Per spiegare meglio quanto appena detto è necessario introdurre il concetto di equianelgesia.
Questo termine viene utilizzato per indicare la dose di una sostanza oppiacea necessaria a produrre lo stesso effetto analgesico di una dose di morfina.
Ad esempio una dose equianalgesica di buprenorfina è di 0,3 mg, e cioè per ottenere lo stesso effetto analgesico di una dose di 10 mg di morfina è sufficente assumerne 0,3 mg.

Perciò si può dire che la buprenorfina è più potente della morfina da un punto di vista quantitativo.
Da un punto di vista qualitativo la questione è totalmente diversa, ad esempio la buprenorfina viene utilizzata nel recupero dei tossicodipententi anche perché, tra le altre cose, produce meno euforia dell'eroina, e quindi tende a generare meno dipendenza psicologica.

Allora, a parità di dosaggio equianalgesico, cosa determina la qualità dell'effetto di un oppiaceo/oppioide?
Sappiamo che i recettori oppioidi sono diversi, perciò sicuramente il tipo di recettore a cui si lega la sostanza gioca un ruolo fondamentale nella qualità dell'effetto. Ad esempio una sostanza che si lega ai recettori mu 2 avrà un effetto più euforizzante di un'altra sostanza che si lega ai recettori mu 1 o delta.

Inoltre l'attivazione di tali recettori può essere più o meno forte. Ad esempio sia la morfina che la buprenorfina sono agonisti dei recettori mu, ma la buprenorfina è solo un agonista parziale, e cioé una volta legatasi ai recettori mu, li attiva solo parzialmente.

Altri oppiacei, oltre ad essere agonisti dei recettori mu, sono anche antagonisti dei recettori kappa (che, vi ricordo, generano disforia) e quindi sono capaci di creare maggiore euforia.

Infine vi sono oppiacei che agiscono anche su altri recettori, come i recettori NMDA o i recettori della dopamina, aumentando così l'effetto piacevole. Un esempio è la lefetamina che, oltre a legarsi ai recettori oppioidi, inibisce il reuptake della dopamina, generando un effetto simile alle anfetamine. Un altro esempio è il metadone che, oltre ad essere un agonista oppioide, è un antagonista dei recettori NMDA.

Questa differenza di comportamenti è dovuta alla struttura della molecola della sostanza, e in generale possiamo dire che molecole più piccole come la morfina riescono ad attivare meglio i recettori oppioidi di molecole più grandi come la buprenorfina.

Un altro ruolo fondamentale nella qualità dell'effetto degli oppiacei lo gioca il tempo necessario dopo l'assunzione perché la sostanza agisca. Sostanze che agistono istantaneamente come l'eroina sono considerate più piacevoli di sostanze il cui effetto sale lentamente e in modo graduale come il metadone.

Questo spiega anche perché certi metodi d'assunzione sono considerati migliori da un punto di vista ricreazionale. Ad esempio l'assunzione per endovena è considerata più piacevole dell'assunzione per via nasale. Infatti se la sostanza viene sniffata i primi effetti iniziano dopo 5 minuti mentre il picco viene raggiunto dopo 10-15 minuti.

Questo meccanismo gioca un ruolo importante anche nella dipendenza psicologica ad una sostanza. Infatti se l'effetto arriva subito dopo aver compiuto un'azione, il cervello legherà quell'azione all'effetto piacevole e si creerà una sorta di comportamento compulsivo. Per capirci, se l'orgasmo arrivasse un quarto d'ora dopo aver fatto l'amore con il proprio partner, il nostro desiderio sessuale nei confronti dell'altro sesso non sarebbe così impulsivo e irrazionale. Invece il cervello associa le sensazioni piacevoli dell'orgasmo all'altro sesso, e basta vedere un essere umano di sesso opposto per provare un forte desiderio nei suoi confronti.

Esistono poi dei farmaci che svolgono un ruolo opposto a quello dei comuni oppiacei, e vengono utilizzati in caso di overdose per invertire il processo d'azione dell'eroina o di altri oppiacei.
Tra questi i più utilizzati sono il naloxone (nome commerciale Narcan) ed il naltrexone, che hanno un'affinità molto forte per i recettori mu e riescono a rimuovere la sostanza legata a questi e vi si sostituiscono.
A differenza dei comuni oppiacei, questi farmaci riescono a legarsi ai recettori oppioidi, ma non li attivano.
Si limitano quindi a legarvisi e a tenerli occupati per evitare che la sostanza agonista vi si leghi di nuovo, ma non attivando i recettori non comportano né effetti stupefacenti né, più importante, effetti collaterali come la depressione respiratoria.

In altre parole si tratta di antagonisti dei recettori mu che, grazie alla loro affinità a tali recettori, si sostituiscono agli eventuali agonisti legati ad essi ne interrompono gli effetti, compresi quelli che potrebbero portare alla morte del paziente. Un effetto collaterale di tali agonisti è che fanno precipitare istantaneamente il paziente in una crisi d'astinenza, nel caso si tratti di un consumatore abituale di oppiacei.

Credo che per ora possa bastare, probabilmente il prossimo post sarà dedicato agli effetti negativi degli oppiacei, e cioè tolleranza e dipendenza fisica e psicologica.

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